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Ostetricia

Ginecologo Dr. Luigi Cetta, fautore del Management della Gravidanza

Induzione al parto

L’induzione al travaglio di parto è un intervento medico messo in atto al fine di interrompere l’evoluzione della gravidanza. L’obiettivo primario è riuscire ad ottenere un travaglio attivo in condizioni di benessere fetale e materno.

Si verifica quando è necessario che la gravidanza si concluda e non si può attendere che il travaglio subentri naturalmente. La frequenza delle induzioni in Italia si attesta circa al 30%, risultando quindi uno degli interventi ostetrici più attuati.

Le principali indicazioni per procedere ad un travaglio indotto sono:

  • Gravidanza post termine
  • Rottura prematura delle membrane a termine
  • Morte endouterina fetale
  • Ipertensione materna
  • Restrizione della crescita fetale (IUGR)
  • Colestasi gravidica
  • Diabete
  • Oligoidramnios/polidramnios (riduzione o aumento della quantità di liquido amniotico)
  • Eccessiva crescita fetale
  • Prima di iniziare la pratica, è fondamentale verificare la presentazione del feto in utero, l’epoca gestazionale e le condizioni del collo dell’utero. Infatti è dalla visita ostetrica vaginale che si deciderà il metodo di induzione più consono al caso specifico
  • L’induzione avviene all’interno di una struttura ospedaliera, in grado di monitorare per tutta la durata dell’induzione il benessere materno e fetale

Dispositivi di induzione

Sono diversi i metodi per stimolare il travaglio e quindi l’attività contrattile e si suddividono in farmacologici, non farmacologici e meccanici.

Metodo farmacologici:

  • Prostaglandine sintetiche: sono dei farmaci che vengono somministrati o per via vaginale o per via orale e simulano l’azione delle prostaglandine che naturalmente il nostro corpo produce in fase di avvio del travaglio, ovvero stimolare l’insorgenza dell’attività contrattile
  • Ossitocina: è un farmaco che viene somministrato per via endovenosa e anche in questo caso simula l’azione dell’ossitocina naturale, ovvero far sopraggiungere o regolarizzare l’attività contrattile uterina

Metodi non farmacologici:

  • Scollamento delle membrane: in questo caso, non si può considerare un vero e proprio metodo di induzione, in quanto non sempre la manovra va a buon fine. Consiste nell’esecuzione di una visita ostetrica vaginale, un po’ più fastidiosa del normale, che ha lo scopo appunto di scollare le membrane amniotiche dalle pareti uterine, in modo tale da attivare le prostaglandine e far subentrare l’attività contrattile uterina. Dopo lo scollamento, è possibile che si verifichino delle perdite muco ematiche, anche di colore rosso vivo, che se non sono quantitativamente a carattere mestruale, non devono destare preoccupazioni
  • Amnioressi: è la rottura artificiale del sacco amniotico. Si esegue anche in questo caso durante una visita ostetrica vaginale e, utilizzando un dispositivo apposito, chiamato amniotomo, si va a rompere artificialmente il sacco amniotico, ottenendo la conseguente fuoriuscita di liquido. La rottura del sacco può portare ad un aumento della produzione di prostaglandine e quindi all’insorgenza o regolarizzazione dell’attività contrattile uterina. Durante e dopo la manovra, è necessario effettuare il controllo del benessere fetale, tramite cardiotocografia, per registrare eventuali variazioni del battito cardiaco fetale

Metodi meccanici:

  • Cateteri trans- cervicali: foley e doppio palloncino. Entrambi i tipi di cateteri hanno la funzione di dilatare e far maturare il collo dell’utero meccanicamente, ovvero senza l’utilizzo dei farmaci. In generale, vengono utilizzati quando il collo dell’utero non è ancora sufficientemente modificato per utilizzare altre metodiche, oppure quando l’uso delle prostaglandine non è indicato. Utilizzando uno speculum per visualizzare il collo dell’utero, il catetere viene posizionato all’interno del canale cervicale dove verrà gonfiato il palloncino di cui è provvisto. Questo aiuterà la maturazione e quindi la dilatazione del collo dell’utero. Potrebbero subentrare delle contrazioni uterine non appena inserito, ma lo scopo dei dispositivi meccanici non è tanto quella di indurre il travaglio vero e proprio, ma di stimolare meccanicamente la maturazione cervicale. Anche in questo caso, prima e dopo la manovra è importante monitorare il benessere fetale tramite tracciato cardiotocografico

Se l’induzione non porta al raggiungimento del travaglio attivo con nessun metodo, si può provare a fare un altro tentativo, qualora la donna acconsenta e il benessere del bambino sia mantenuto. Altrimenti la soluzione è ricorrere al taglio cesareo.

Valutazione della Cervice Uterina

Il criterio di selezione delle donne da trattare con le diverse metodiche di pre-induzione si basa essenzialmente sul grado di maturazione cervicale. Il metodo più comunemente usato per la valuta- zione della cervice e l’indice di Bishop(IB). Tale sistema prende in considerazione le caratteristiche della cervice uterina (lunghezza, posizione, appianamento e consistenza) e il livello della parte presentata nello scavo pelvico. L’IB ha permesso una standardizzazione della valutazione del grado di maturazione cervicale: più alto è il punteggio, maggiore è la probabilità di successo dell’induzione del travaglio di parto
Il criterio più rilevante dell’IB nel predire il successo dell’induzione è rappresentato dalla dilatazione cervicale.

Rischi nell’induzione del travaglio di parto

  • L’equipe dell’area travaglio/parto dovrebbe avere a disposizione una procedura codificata per la ge- stione della tachisistolia/ipertono in corso di ITP
  • Per l’aumentato rischio di rottura d’utero, particolare attenzione e cautela dovrebbero essere dedicate alle ITP in caso di pregresso TC. L’equipe dell’area travaglio/parto dovrebbe essere preparata e avere a disposizione una procedura codificata per la gestione della rottura d’utero in corso di travaglio in donna precesarizzata

Complicanze

Come ogni procedura medica, anche l’induzione non è esente da rischi: è per questo che è fondamentale informare la donna e valutare insieme a lei rischi e benefici della pratica.

I rischi maggiori sono:

  • Tachisistolia uterina: con l’induzione vi è il rischio di sovrastimolare l’attività contrattile uterina, soprattutto con i metodi farmacologici;
    Ipotensione: può comparire in seguito a rapida infusione endovenosa di ossitocina
  • Alterazioni del battito cardiaco fetale
  • Liquido tinto di meconio
  • Infezioni
  • Prolasso di funicolo
  • Rottura d’utero
  • Emorragia post partum

Sorveglianza materno fetale nell’induzione al parto

  • È raccomandato procedere con un monitoraggio CTG per 20-40 minuti prima dell’induzione (fino al raggiungimento della reattività fetale) e per un tempo che dovrà essere stabilito dai protocolli locali di ogni centro
  • La rivalutazione dell’IB andrebbe effettuata dopo 6 ore in caso di PG vaginali, dopo 24 ore in caso di applicazione di dispositivo a lento rilascio di PG e dopo 12-24 ore in caso di metodi meccanici con catetere transcervicale, a meno che non compaia attività contrattile
  • I parametri vitali materni dovrebbero essere monitorati e registrati a intervalli regolari secondo schemi prestabiliti
  • È raccomandato il monitoraggio in continuo della frequenza cardiaca fetale e dell’attività contrattile uterina in corso di infusione con OT

 

 

 

Dott. Luigi Cetta Ginecologo

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